Questo è un
altro disco da ricordarsi, nel 2013 ormai avviato verso la fine.
Pericle Sponzilli non abbisógna di presentazioni, ma non
lo si era forse ancora sentito così versatile nella composizione:
qui c'è tutto, dal blues alla West Coast a tracce timide
di pop progressivo d'antan, boaimóndo. Inoltre, suonano e
cantano tutti molto bene. (Giovanni Choukhadarian)
Chi non conosce il nome di Pericle Sponzilli
ha bisogno di un breve profilo prima di accedere al suo
“Museo”. Pericle è stato un ‘énfant
prodige’ del rock “progressive” italiano: quando
gli altri, i musicisti adulti, si sforzavano di entrare a far parte
di quel mondo lui, poco più che adolescente, suonava già
nei più importanti festival Rock italiani e le etichette
discografiche lo corteggiavano. Componeva alla chitarra, ma anche
al piano, prendendo tutto come un gioco e divertendosi assai. Così,
all’uscita del primo L.P. (ah, il vinile!) che faceva già
seguito ad un singolo, lui non c’era proprio, perché
aveva scelto di diventare grande attraverso quello che sarebbe stato
un lungo, lunghissimo viaggio. Al rientro ha fatto musica in tutt’altre
forme (films, pop, teatro, videoclips) ma quello di cui voglio raccontare
è l’interessante ed attuale approdo all’età
matura, con questa nuova, intensa impresa che prende il nome da
uno dei brani: “The Big Museum”. E’ un ascolto
coinvolgente, è una motivazione piena di significato, un’immersione
profonda.
Immergetevi, immergetevi: a tratti vi ricorderà
Dylan, la voce che dice cose, più che cantarle,
ma dentro a melodie penetranti e significative. Talvolta il caldo
e vibrante suono della voce vi farà pensare al Duca Bianco
(David Bowie). In altri momenti ritroverete i Beatles,
con sonorità elettriche e assoli di chitarra semplici e decisi,
armonizzazioni vocali che esprimono la gioia di essere cantate.
Poi d’un tratto affiora il ricordo di Neal Young
e la fibra malinconica dell’hobo, il viandante ed artista
che raccoglie le impressioni dei suoi viaggi per tradurle in poesie
e in musica; o il solitario blues man che scorge nelle ombre che
vagano negli angoli bui della sua coscienza figure demoniache. Ma
allora è ‘vintage’? Nient’affatto! Certo
sì, si colgono le influenze così come si riconosce
l’accento di un luogo, ma per pronunciare parole in grado
di esprimere ciò che oggi la musica ha bisogno di dire, di
sperimentare, di raccontare. Raccontare perché dentro alla
storia c’è la cultura, e dentro alla cultura ci sono
i valori, e dentro ai valori c’è la possibilità
di non essere fuorviati. Ecco così un lavoro che rimette
in pista chi ascolta, proprio perché è fuori dal tempo,
dalle mode, dai generi, ed in questo senso molto cantautoriale.
Eppure si sposta nella narrazione attraverso i suoi viaggi, e non
importa se ad est o ad ovest, perché poi ci tiene a narrare
del ‘Big Museum’, quella città eterna che ha
dato i natali a Pericle Sponzilli e a questo lavoro: Roma.
Allora si potrebbe pensare a qualcosa di tipicamente
italico, ed ancora una volta troviamo la risposta dalla parte opposta:
è un’opera senza frontiere, non solo per l’uso
della lingua inglese, ma proprio perché finalmente viene
sdoganata tutta una generazione di artisti italiani che, pur ascoltando
e nutrendosi esclusivamente di musica angloamericana, per decenni
ha trovato la possibilità di esprimersi discograficamente
solo con musica di riferimento ‘nazionalpopolare’. E
se all’ascolto troverete nella musica sonorità ‘prog’
e nelle liriche atmosfere alla ‘Castaneda’ sarà
soprattutto perché chi è fedele a sé stesso
è saldo e fedele con gli altri, e Pericle, in contrasto con
questo suo fare svagato e distratto è tenacemente e solidamente
legato alle sue scelte, e non solo musicali. Ed è meticoloso,
molto meticoloso. Sceglie e ripete, prova e riprova, e poi cambia,
finché non è convinto. Cerca i suoni, li cerca nelle
sue splendide chitarre e nella sua voce, ma alla fine tutto coincide
con quel qualcosa che fin dall’inizio gli ribolliva nel profondo
ed ora, finalmente, può scaldare anche noi!
Impossibile non citare la poetica dei testi che,
pur non essendo di Sponzilli, entrano in azione sinergica con le
sue musiche trovando il modo di valorizzarsi a vicenda più
ancora che se fossero scaturite da una stessa mente, in una rara
combinazione che solo talvolta riesce: Enzo De Luca,
l’amico scomparso troppo presto, ritrova voce e creatività
nel pensiero musicale e nell’amorevole gesto sonoro di Pericle
Sponzilli. Da non perdere! (Micaela Grandi)
More info: www.pericle.net
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